«Roe vs. Wade» sembra una sigla inserita in un romanzo americano su un caso giuridico, esitato in un film di successo. In effetti il caso giuridico è reale e risale al 1973. Come noto nel mondo anglosassone vale il cosiddetto Common law, cioè per definire una controversia si ricerca prioritariamente non nella legge, ma nella decisione di un caso precedente. Il metodo di lavoro del giudice è la riconduzione di un caso a un altro, scandagliando somiglianze e differenze. Individuato il caso identico o simile, la decisione adottata in precedenza ha carattere vincolante. In poche e rozze parole le sentenze precedenti hanno lo stesso peso della legge. Nel processo «Roe vs. Wade» veniva chiesto i giudici se il diritto all’aborto fosse riconosciuto anche in assenza di problemi di salute della donna, del feto e di ogni altra circostanza che non fosse la libera scelta della donna. La decisione venne presa con una maggioranza di 7 giudici a favore e 2 contrari. Le conseguenze furono che in ben 42 stati le leggi sull’aborto dovettero cambiare radicalmente, diventando meno restrittive. Ieri la Corte Suprema ha sancito l’annullamento di tale sentenza, vedremo con quali motivazioni.
Premesso che il tema aborto è stato l’antesignano di ciò che oggi si consuma con la questione vaccini, per me è opportuno distinguere tra le parole che ruotano intorno all’argomento e il vero e drammatico problema. Il dramma non è spendibile politicamente perché è tremendamente privato, insito nelle singole donne che lo vivono direttamente e nelle singole persone vicine a queste ultime che lo affrontano, perché travolte anch’esse dal dolore. Non si può essere pro o contro la sofferenza, così come per i vaccini è impossibile essere pro o contro la salute. Il diritto ad abortire non può e non deve essere una questione politica, perché nulla ha a che fare con il diritto. Semmai può essere una questione di regolamentazione che mai può discutere la decisione di autodeterminare sé stessi. Solo le religioni, nel proprio essere dogmatiche, non dovendo spiegare più di tanto il perché del proprio credo, sono in grado di opporre le proprie posizioni, ma governare e regolamentare con leggi religiose, come in Iran, Afganistan, Arabia Saudita, ecc. abbiamo tutti ben chiaro cosa significa. Per cui, per quanto mi riguarda, è inutile schierarsi sull’aborto sì o no, ma è quantomeno interessante cercare di capire cosa succede negli USA, senza preconcetti. I componenti della Corte Suprema vengono nominati dai Presidenti degli Stati Uniti e quindi volendo o no, li rappresentano. Nel novembre 2022 ci saranno le elezioni di midterm e Biden è dato dai sondaggi tremendamente in difficoltà viste le “sviste” di politica estera sin qui esibite e l’inflazione galoppante a casa propria. Questa decisione sull’aborto, che riporta la giurisdizione sul tema ai singoli stati, è manna dal cielo per il Presidente democratico. Milioni di liberal potranno fare campagna elettorale gratuitamente per i democratici utilizzando l’aborto come ariete politico. Rimane, tuttavia il dramma vero delle donne e di tutti coloro che devono affrontare la vita reale in un paese che spesso, ma mai quanto il nostro, confonde la realtà con la narrazione.