Very Important People e l’eroico sprezzo del ridicolo.

Non si può rimanere in silenzio quando celebrati Very Important People, (perché sono un certo numero) le spara di gigantesche. Qualcuno riesuma la “responsabilità collettiva” a proposito del genere maschile in merito alle violenze sulle donne, qualcun altro evoca i “femminicidi di Stato”. Nel primo caso le sproloquianti tirano fuori un argomento in nome del quale la storia ha visto scorrere immani tragedie. Difficile che chi fa di mestiere l’attrice comica abbia approfondito seriamente il tema, ma sotto il concetto di “responsabilità collettiva” i nazisti in Russia e Polonia hanno sterminato centinaia di migliaia di civili durante la seconda guerra mondiale, così come in tutte le altre nazioni occupate. Bastava un agguato partigiano per azzerare un intero quartiere o un tutto un paesino di campagna. I sovietici annientavano intere etnie accusandoli di “responsabilità collettiva” se qualcuno puzzava in lontananza di attività anti comuniste. Non dimentichiamo i progrom anti ebraici portati avanti con pretesti che giustificavano la “responsabilità collettiva”. Si potrebbe andare avanti all’infinito per descrivere fulgidi esempi di ricadute del concetto di “responsabilità collettiva”, ma credo che quelli succitati bastino. Chi invece più umilmente rievoca gli omicidi “di Stato” riferendosi ai femminicidi ha evidentemente nostalgia degli anni ‘70. Tutto ciò che a quell’epoca fosse considerato nefando era “di Stato”: stragi, morti sul lavoro, attentati, terrorismo, miseria, malaffare, scudetti persi dalla squadra del cuore, eccetera. Un ottimo metodo per ripulire e ripulirsi la coscienza individuale in nome, anche in questo caso della “responsabilità collettiva”. All’epoca nessuno era in grado di capire che massificando le responsabilità significava sostenere: lo Stato è sempre colpevole, lo Stato siamo noi, per cui tutti siamo colpevoli e quindi nessuno è colpevole. Additare singoli elementi della politica come responsabili del male globale faceva sentire tutti migliori mentre si era indaffarati a linciare il nulla. 

Il fatto è che chi, sfidando il senso del ridicolo, sostiene queste inutili e inappropriate frasi fatte, nonostante l’enormità del vuoto che tali affermazioni rappresentano, porta a casa il gettone (…d’oro) della comparsata Tv, tutto sommato a buon prezzo: quello di uno slogan che diventa un tormentone per menti semplici.

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

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