Mario Draghi e i ventitré topolini.

C’era una volta una montagna che stava per partorire. Le contrazioni erano sempre più intense e la terra tutt’intorno tremava. Gli abitanti dei villaggi vicini pensavano che qualcosa di enorme stesse per accadere e si riunirono a pregare, fin quando una scossa violentissima alzò un’enorme nuvola di fumo. Tutti si inginocchiarono e, quando la nube sparì, ecco che dalle rocce fumanti spuntò un topolino.

Parturient montes, nascetur ridiculus mus scrisse Orazio a proposito della favola di Esopo. Nel caso di specie, una fila di ventitré piccoli roditori sono apparsi dopo che tutto il Paese si aspettava, a mezzo stampa, chissà quale svolta. Tutti a incensare un uomo che, seppur prestigioso, ha eseguito né più né meno ciò che il Presidente della Repubblica gli ha detto di fare: tenere insieme i cocci della politica pur di non andare a votare. Il fatto è che la politica oggi è quella roba là. È pleonastico indignarsi per la riesumazione di Brunetta o per la conferma del “ragazzo della Curva B” Di Maio: questi sono quelli a cui gli elettori hanno dato fiducia attraverso un voto che in Italia non sembra più essere fondamentale. Come Gennaro Gattuso che, dopo il 3 a 1, subito contro l’Atalanta, ha dichiarato che un’altra squadra ne avrebbe presi 5 o 6, forse dobbiamo pure ringraziare Draghi per non aver rispolverato il tenero Toninelli controfigura del “Giacomo” della Settimana enigmistica. Forse in un atto di coraggiosa emulazione della politica tedesca il neo Presidente del Consiglio ha pensato a una Grosse Koalition de noartri. Solo che quelli là sono germanici e in nome di una stabilità, pur se ai danni degli altri partner europei, possono pure decidere di far governare la Merkel insieme a tutti i partiti tedeschi fino al 2099. Noi non siamo la grande Germania, al massimo siamo un Granducato di Toscana, un Regno delle due Sicilie o uno Stato Pontificio, tutti disuniti appassionatamente e felici di esserlo senza andare mai a fondo, ma galleggiando in eterno. Per cui lasciamo pure che Di Maio metta a frutto il suo corso di inglese nel quale non dovrà più preoccuparsi dei congiuntivi visto che sono considerati in Gran Bretagna desueti. Speriamo solo che quei topolini nati dalla montagna Draghi, tutti in fila ordinatamente, questa volta investano i fondi europei in qualcosa di più produttivo di una lotteria degli scontrini o in un’invasione di monopattini.

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Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

4 thoughts on “Mario Draghi e i ventitré topolini.

    1. michelemorandiautore says:

      È probabile che la fine dell’epoca Merkel avrà conseguenze anche su Ursula von der Leyen che sta per perdere uno stretto alleato dato il suo forte legame personale e politico con l’ex cancelliera. Ciò potrebbe portare a un consolidamento del legame tra la Commissione e la Francia ampliando così il margine di manovra di Parigi e rendendo più difficile per gli Stati membri come l’Italia esercitare un ruolo più significativo nella definizione delle priorità dell’Ue.

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    2. michelemorandiautore says:

      È probabile che la fine dell’epoca Merkel avrà conseguenze su Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione sta per perdere uno stretto alleato dato il suo forte legame personale e politico con l’ex cancelliera. Ciò potrebbe portare a un consolidamento del legame tra la Commissione e la Francia ampliando così il margine di manovra di Parigi e rendendo più difficile per gli Stati membri come l’Italia esercitare un ruolo più significativo nella definizione delle priorità dell’Ue.

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