Professo’, permettete un pensiero poetico per l’occasione?
‘A libertà, ‘a libertà, pur ‘o pappavallo l’adda pruvà!…ma comme fa???”
dal film “Così parlò Bellavista”
‘o pappavallo (…pappagallo per i non napoletanisti) come può provarla questa libertà se non lo liberano? Siamo proprio sicuri che tutto dipenda dal volatile e non dalla tipologia di laccio che lo tiene assicurato al trespolo? Certo, nessuna restrizione può essere gradita da chicchessia e al pappagallo si dovrebbe dare la facoltà di decidere se svolazzare in piena libertà verso le incertezze dell’ignoto o rimanere legato, magari con vitto, alloggio e cure garantite. Mi chiedo però perché siamo tenuti a istruire i nostri figli con l’obbligo scolastico e non liberi di lasciarli analfabeti? Perché siamo obbligati a registrare il possesso di un automobile o, più semplicemente, a immunizzare i nostri bambini con un vaccino contro la difterite, il tetano e la pertosse? Presumo perché alcuni obblighi, che in qualche modo limitano la nostra libertà, siano da sempre mirati ad agevolare la comune convivenza. Certo, preferirei scegliere per conto mio ogni cosa, se si potesse vivere felicemente in un mondo senza istruzione, liberi di tamponare i pedoni con un auto, senza essere riconosciuti o facendo liberamente ammalare i nostri figli rendendoli a loro volta un veicolo di malattia diffusiva. Il fatto è che il mondo esiste ed è fatto da qualche miliardo di persone che, piaccia o no, vivono a contatto tra loro. Per alcuni, anzi troppi, si può tranquillamente derogare alla convivenza con regole autoprodotte, che poi costoro scambiano per ‘a libertà.
Su un piano diverso è il convincimento collettivo che qualcuno o qualcosa di losco stia avvenendo alle nostre spalle. Se per ipotesi quel convincimento fosse confermato dalla realtà e quest’ultima ci portasse però tutti alla risoluzione di una tragica pandemia, ognuno di noi diventerebbe di buon grado complottista. Se però, come ampiamente dimostrato da sempre, i vaccini riducono drammaticamente il numero di infetti, le complicanze della malattia e la mortalità, più che di complottismo sarebbe meglio parlare di paranoia collettiva e quest’ultima non è ‘a libertà del poeta di “Così parlò Bellavista”, ma un grave disturbo che, come per ‘o pappavallo, sarebbe meglio non provare, ma curare…