Per questo la si chiamò Babele. Di Maio, Grillo e le alleanze da palcoscenico

Genesi 11,1-9
4 Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». 5 Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. 6 Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. 7 Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». 8 Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. 9 Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

Questo non è il sermone di fine anno. La Bibbia di ordine se ne intende. Nel raccontare l’edificazione della città di Babele la Sacra Scrittura racconta il goffo tentativo di raggiungere il cielo Divino da parte dei popoli ambiziosi. Il Signore riporta tutti all’ordine confondendo le lingue e disperdendo le genti su tutto il globo. Ma qualche irriducibile del disordine celeste cospira ancora oggi sfidando ogni diversità linguistica, ma soprattutto politica. Il Tg1 ha appena annunciato che il candidato premier del M5S Luigi Di Maio avrebbe dichiarato che dopo le elezioni non disdegnerà un’alleanza con ”Liberi e uguali” e Lega (ex Nord”). Come inizio della campagna elettorale non è male. Tre forze politiche, una super populista, una nuova, snob e radical chic e una populista, ex di governo, ex nordista che cavalca le intolleranze (…anche quelle giustificate), senza mai essere stata credibile sul piano delle soluzioni, si unirebbero, almeno nelle intenzioni, non si sa in quale ordine e quantità. Quindi Grillo/Di Maio a braccetto di Boldrini o/e di Salvini. Un ossimoro sarebbe un tenue paragone al confronto. Tuttavia il segnale che fornisce tale dichiarazione è più chiaro di quanto appaia. Il voto si gioca tra tre grandi raggruppamenti di elettori: ideologisti, realisti e delusi. I primi per poter contare sulle proprie attitudini si foderano di salumi gli organi di senso per evitare la realtà. Si fidano ciecamente della rete e pensano che l’umanità sia divisa in onesti e non. I secondi sono condannati a prendere atto che la realtà esiste e va affrontata per quello che è, con persone in grado di leggerla e, soprattutto, di reggerla come del resto già avviene da tempo nel resto dell’Europa. Gli ultimi, i più numerosi, faranno come sempre la differenza, spostandosi a seconda di come l’umore del momento suggerirà loro di apporre la croce sulla scheda elettorale. Quindi da una parte i propositi psichedelici di Di Maio e dall’altra un fredda realtà da gestire con freddezza, non per questo senza passione politica. Non mi auguro nessun tecnocrate di Montiana memoria, ma anche nessuna deriva psicotica prospettante uno scenario pirandelliano da “Uno, nessuno, centomila“. Va bene che la serie Gomorra ci ha ricordato che la lealtà nelle alleanze è solo questione di affari e che stamattina stai con me e nel primo pomeriggio ti elimino come un kleenex perchè “da questo momento nun sì cchiù cumpagn mio…”. Di Maio e Grillo, alias Vitangelo Moscarda nel romanzo di Pirandello, si considerano unici per tutti (Uno, appunto) volendo far credere ai cittadini di essere un nulla (Nessuno), fino a giungere, si spera, alla presa di coscienza dell’elettorato delle loro diverse identità che propinano nelle innumerevoli divagazioni politiche (almeno Centomila), sgretolando la realtà reale nell’infinito vortice del relativismo. Di Maio, Boldrini, Salvini come un’insalata a base di banane, soppressata piccante e caffè ristretto. Se l’obiettivo era superare con l’ideologia un concreto peso allo stomaco (con crampi istituzionali…), tanti auguri ai sognatori. Anche se non esiste limite al peggio dubito che le genti, scacciate da Babele perché ambiziose e senza idee, riusciranno a riunirsi sotto un’unica e schizofrenica lingua comune: l’inutilitese…

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Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.