La scelta di soffrire. Higuain e l’assuefazione allo stravincere

Oggi, costretto a casa per una sindrome paraifluenzale zappeggio tra notiziari sportivi e tribune calcistiche. Ieri la Juventus ha pareggiato in casa in Champions contro un forte Tottenaham che ha recuperato il 2 a 0 dei primi nove minuti. Mi hanno incuriosito, sul 2 a 0, i fischi provenienti dalle tribune dello J. Stadium nei confronti della propria squadra, forse rea di non aver cavalcato in goleada il match, contro gli inglesi che non sono proprio il Benevento, con tutto il rispetto per le cugine streghe del Sannio. Un certo Higuain Gonzalo, attaccante della Juve, solo omonimo di un grande centravanti azzurro di alcuni anni fa che si batteva col palmo della mano sul cuore all’altezza della “N” di fronte alla Curva B, poi sparito in circostanze misteriose, si è lamentato di questi fischi su Instagram: “Buongiorno a tutti…che facile e parlare dopo la partita da un divano o una sedia..”

http://www.gazzetta.it/Calcio/Champions-League/Juventus/14-02-2018/juventus-sfogo-social-higuain-facile-parlare-divano-250274688351.shtml

Questo calciatore sudamericano approdato alla Juve, non si sa da dove, nonostante la sua militanza tra i bianconeri ormai da qualche anno, pare che non abbia ancora capito dove si trovi. Forse non glielo hanno ancora spiegato e lui continua a gongolarsi nella sua immagine ignorando il contesto in cui è atterrato, forse dall’iperspazio. Dopo circa ventotto anni passati a Torino, credo di essermi fatto un’idea del mondo monocromatico juventino. Per sintetizzare meglio mi servirò di un paio di citazioni così per fornire uno spunto di riflessione agli amanti del calcio. Un altro grande centravanti del mondo bianconero, Giampiero Boniperti si pronunciò spesso sullo stile e la mentalità made in Juventus. La prima citazione, la più famosa, alla quale non aggiungo altro perchè già sufficiente a comprendere un’intera storia calcistica e, soprattutto, non calcistica recita: “Vincere non è importante: è la sola cosa che conti.” (Citato in Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, p. 97. ISBN 88-8598-826-2)

La seconda citazione è quella che mi attrae di più soprattutto sul piano sportivo: “La Juve è una fede che continua a essermi appiccicata addosso. Sono da compatire quelli che tifano per altri colori, perché hanno scelto di soffrire. Sembrava una battuta, invece lo pensavo e lo penso tutt’ora.” (Citato in Protagonisti del secolo bianconero n. 11, www. Juveclubsantagata.it, gennaio 2004)

Per Boniperti in una competizione sportiva chi tifa per i propri beniamini, se non vincenti ad ogni costo, sarebbe da compatire. In sostanza, in un mondiale di calcio tifare per l’Italia dal 1938 all’1982, dal 1982 al 1996 e dal 1996 a tutt’oggi sarebbe da sfigati semplicemente perché in quegli intervalli di tempo non abbiamo alzato coppe del mondo. Quindi si desume che siano da compatire quelli che tifano altri colori se non quelli di chi vince, per cui noi poveracci italiani avremmo dovuto nel frattempo tifare Brasile, Germania, Inghilterra, Argentina, Francia, Spagna, magari insieme a lui, solo per non soffrire sentendoci dei paria perdenti del calcio mondiale. Questa è la mentalità che quell’attaccante argentino, di cui faccio fatica a scrivere il cognome, approdato da qualche anno a Torino nella “terra dei vincenti a tutti i costi” non ha ancora capito. Lì non si ama il calcio, si è assuefatti allo stravincere. Il fatto che lo scenario del vincere sia quello della competizione sportiva è solo un fastidioso dettaglio, soprattutto in Italia e a Torino sponda Juve. Nei match a livello internazionale tutto cambia. Lì il fattore sportivo conta ancora e, mediamente, il più forte ha ancora la meglio. Questo fa imbestialire il popolo bianconero, generalmente non ferratissimo in materia calcistica, ma super accademico in auto trionfalismo in terra italiana, scomodando anche la genetica quando si dice che gli juventini hanno la vittoria nel dna. Ed ecco la genesi di quei fischi che tanto hanno infastidito il barbuto centravanti argentino. Quell’altro grande giocatore del passato, suo omonimo in maglia azzurra, ormai per noi sparito, non avrebbe mai ricevuto fischi per qualche gol sbagliato in una gara in Champions, magari contro uno stratosferico Manchester City dopo una partita combattuta, proprio perché noi tifosi “da compatire” amiamo soffrire solo per un motivo: godere più di chiunque altro quando vinciamo!

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.