La galanteria del tempo.

Il tempo è galantuomo, anzi no. Chissà perché si pensa che la galanteria o almeno l’elaborazione della storia siano fenomeni che dipendano solo dal tempo stesso. Spesso è così, ma non sempre e la colpa non è certo del tempo che passa. Oggi, il solito 25 aprile, che precede il solito 1 maggio, si dovrebbe celebrare la libertà guadagnata settantotto anni fa. Invece si festeggia tutto ciò che risulti contundente verso qualcosa o qualcuno. Solo slogan, frasi fatte, riletture faziose della storia. La Costituzione è ormai una clava a seconda del pretesto da cui venga impugnata. Sembra, da qualche tempo, che l’unico e solo tema sancito in quei centotrentanove articoli sia l’antifascismo. L’unica cosa che conta è la dissociazione pubblica di Giorgia Meloni dal ventennio, morto storicamente ottant’anni fa, dissociazione già avvenuta diverse volte e preceduta da quella di Gianfranco Fini, con il famoso “male assoluto”, ma è del tutto inutile. Lei, con tutto ciò che è destra in questo paese, potrebbero dissociarsi, abiurare, pentirsi, dichiararsi non colpevole o quotidianamente cospargersi il capo di cenere, ma invano. Quelli che ogni santo giorno reclamano tutto questo, sono per lo più gli stessi che non hanno mai abiurato i simboli e i colori dei crimini sovietici, iniziati ben prima del fascismo, quelli cinesi, vietnamiti, cambogiani, nord coreani, cubani. Anzi, ancora oggi inneggiano, minimizzano o tacciono vigliaccamente le stragi etniche di italiani nella Jugoslavia comunista di Tito. Quelli o i figli/nipoti di quelli che festeggiavano insieme alle prime pagine de L’Unità l’invasione russa in Ungheria e in Cecoslovacchia e che provano tutt’oggi nostalgia di un’ipotetica liberazione del 25 aprile, non da parte delle forze alleate, ma da quelle sovietiche. Per costoro, autodefinitisi democratici, non c’è posto per una qualunque destra. In fondo in questo paese siamo bravi a essere rissosi su ciò che non sappiamo apprezzare e che la storia ci ha riconosciuto: la libertà e la democrazia per poterla esercitare. Se fossi nei panni di coloro che tutti i giorni vengono stimolati a dissociarsi dal passato, cercherei di guardare solo in avanti. In questo paese l’unico modo di accettare “democraticamente” la destra è condannarla o al più… trasformarla in sinistra.

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

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