La fobia della rievocazione.

Della gestualità, del ricorso a segni e simboli, dell’uso del linguaggio oggi, più che mai, si ha paura. Non è la realtà vissuta giorno per giorno che atterrisce, ma la rappresentazione di quella del passato. In termini comportamentali nulla di strano: il nostro organismo di fronte a forti stress si difende facendoci rivivere persistentemente, ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi tipo immagini, pensieri, o percezioni, incubi e sogni spiacevoli per tenerci sempre vigili e agisce come se il trauma si stesse ripresentando, anche alla sola esposizione a fattori scatenanti che simbolizzano l’evento traumatico. Il fatto è che queste cose normalmente avvengono a partire dal fatto traumatico reale fino a qualche mese o qualche anno dopo il suo accadimento, ma possono anche cronicizzarsi. 

Ormai c’è una caccia ossessiva a tutto ciò che viene ritenuto rievocativo del fascismo, anche se la maggioranza dei cacciatori di oggi quel tempo l’ha vissuto solo per sentito dire. Non sono tanto i gesti e i presunti simboli a spaventare, ma il loro potenziale rievocativo. Come un incubo ricorrente il ventennio fascista si materializza sinistro nella testa e nelle parole di molti che, prima ancora di gridare al lupo, al lupo, per braccia tese nell’aria (in realtà saluti militari da protocollo), pseudo simbologie littorie o vecchi monumenti del passato, lanciano soffocanti allarmi di presunte minacce alla democrazia. Basta un movimento del corpo, mal interpretato, per scatenare orrore e indignazione tra i soliti pasdaran sinistrorsi. Non è importante per la genesi o la logica del gesto, ma il gesto in sé e la sua potenza rievocativa. È come se per la sinistra propagandistica esistesse solo un dopo e mai un prima del fascismo, come se il “male assoluto”, al di là del senso speculativo e metafisico dell’accezione, abbia avuto origine in tutta la storia dell’umanità solo dal 1922 al 1943. È come se quel ventennio abbia dato da solo un colpo di spugna a tutti gli orrori avvenuti in precedenza e si fosse accollato il “merito” di ricalcolare la data di inizio della storia tragica dell’uomo. La prima guerra mondiale, (avvenuta tra Nazioni, quasi tutte monarchiche, in larga maggioranza non certo democratiche), la rivoluzione russa, il genocidio armeno del 1915, giusto per citare solo alcuni eventi del ventesimo secolo, pur avvenuti ben prima del 1922, hanno generato svariate decine di milioni di morti, come una Shoah moltiplicata per tre, solo nei sette anni prima dell’avvento del fascismo, ma nessuno, soprattutto a sinistra, lo ricorda. Prima ancora del novecento la rivoluzione francese, la carestia indiana, generata dalle politiche coloniali britanniche, la guerra civile taiping in Cina, per citare solo alcuni degli eventi storici che hanno causato altre decine di milioni di morti ammazzati. Tutto prescritto, tutto dimenticato. L’unica cosa che conta è la fobia della rievocazione mussoliniana, soprattutto quando ormai, grazie a Dio, a tutt’oggi, l’unica cosa rievocata di continuo in questo paese è l’ossessione di un fascismo che, come una ruminazione bovina, viene masticata all’infinito. Risultato: qualunque altra manifestazione di intolleranza, ogni restrizione di libertà di espressione passa in cavalleria pur di appagare chi ha barattato le proprie idee con le proprie, fobie.

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

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