L’allergia ai perché: Liliana Segre e l’uomo forte.
La statistica e le emozioni
La statistica registra o provoca emozioni? In questo caso entrambe le cose.
Il rapporto annuale CENSIS si è espresso!
http://www.censis.it/rapporto-annuale/il-furore-di-vivere-degli-italiani
Nello stesso sito web sono disponibili i risultati commentati in modo divulgativo senza tassi, varianze, deviazioni standard. Tra i vari dati è emerso il seguente: Il 48% degli italiani oggi dichiara che ci vorrebbe un «uomo forte al potere» che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni (e il dato sale al 56% tra le persone con redditi bassi, al 62% tra i soggetti meno istruiti, al 67% tra gli operai).
La corsa all’indignazione è scattata come un elastico teso e poi mollato di botto. Ogni anno la presentazione del rapporto suscita reazioni anche se i dati non sono tanto diversi dall’anno precedente, come ho già scritto in un post di circa dodici i mesi fa. I Tg quasi a reti unificate hanno trasmesso lo spezzone dove Liliana Segre, imbeccata sul suddetto dato statistico, ha dichiarato: “Chi vuole l’uomo forte al potere non l’ha provato, non sa di cosa parla” con grande soddisfazione degli indignati e indignanti di professione.
Se una donna di ottantanove anni che ha vissuto il fascismo e il nazismo da ebrea sulla propria pelle nel vero senso della parola, dichiara tutto questo non solo non è strano, ma non è neanche una notizia. L’ovvietà, anche su temi del passato che banali non potranno mai essere, è utilizzata giornalisticamente per evitare di affrontare altre questioni che quei dati dovrebbero suscitare nel nostro presente. La Senatrice a vita nella sua lapidarietà ha solo espresso, durante la sua visita al memoriale della Shoah, il suo senso di disagio tutto volto alla propria terrificante esperienza e a quella di milioni di altri esseri umani e quindi non può essere né valutata né commentata perché è come giudicare un grido di dolore. Se ne può solo prendere atto anche se un’altra cosa sarebbe fattibile, anzi doverosa e non certo da parte sua: porsi dei perché. Se oggi, non nel 1934, il 48% del campione intervistato si dichiara a favore di un uomo forte, senza in massima parte mai aver conosciuto il fascismo, ci saranno dei motivi? Qualcuno se li è posti? Se li doveva porre la Senatrice Segre o la classe politica e amministrativa che in questi anni, oltre a gridare al “rischio fascismo”, (…magari trasformando in reato il possesso dei souvenir di Mussolini), avrebbe dovuto interpretare il disagio degli italiani? Qualcuno si è preoccupato di analizzare i bisogni del Paese, magari partendo proprio dalle statistiche del CENSIS, invece di inveire contro lo “sporco fascista” nascosto dentro ognuno di noi? Non dimentichiamoci che quella parte nero notte acquattata nell’anima di ognuno, così come accaduto quasi cent’anni fa, emerge quando il disagio sociale economico e di valori è diffuso, forte e soprattutto sottovalutato. È di grande attualità l’indignazione per la sottostima del rischio fascismo, nazismo, razzismo, ma la sottovalutazione del disagio di una nazione non sembra interessare i politici, i giornalisti, gli amministratori pubblici e chiunque altro debba prendere decisioni per il Paese.
La vocina dei numeri
È più semplice stigmatizzare la punta dell’iceberg che affrontare ciò che è nascosto sotto il mare. Lo stesso rapporto CENSIS con altri dati fornisce informazioni sui bisogni espressi dagli italiani:
L’incertezza è lo stato d’animo con cui il 69% degli italiani guarda al futuro, mentre il 17% è pessimista e solo il 14% si dice ottimista.
Il 69% degli italiani è convinto che la mobilità sociale sia bloccata. Il 63% degli operai crede che in futuro resterà fermo nella condizione socio-economica attuale, perché è difficile salire nella scala sociale.
Il 64% degli imprenditori e dei liberi professionisti teme invece la scivolata in basso.
il 74% degli italiani si è sentito molto stressato per questioni familiari, per il lavoro o senza un motivo preciso.
Il 75% degli italiani non si fida più degli altri, il 49% ha subito nel corso dell’anno una prepotenza in un luogo pubblico (insulti, spintoni).
Il 76% non ha fiducia nei partiti (e la percentuale sale all’81% tra gli operai e all’89% tra i disoccupati).
Intolleranza ai perché
A fronte di tutto questo sembra contare solo la mirabile suddivisione tra sinistra e destra di Corrado Augias in pensatori vs. idioti, citata nel mio post precedente,(complice Pierluigi Bersani), o la “risolutiva” legge Fiano contro l’apologia di fascismo, oppure l’alzata di scudi giornalistica contro un titolo del Corriere dello Sport ritenuto offensivo se non razzista. Si sta diffondendo una strana forma di intolleranza allergica ai perché delle cose. Se qualcuno osa chiedersi come mai avvengono alcuni fenomeni viene dimenticato o tacciato di autoritarismo. Forse è il caso di una terapia desensibilizzante contro l’intolleranza ai perché…