Le luci della ribalta, il fascino del mondo dello spettacolo, il demone televisivo: cosa c’è dietro l’overdose di presenzialismo TV di medici, ricercatori e accademici? L’attrazione per la notorietà deve essere qualcosa che ognuno è convinto di conoscere, ma probabilmente è come il risucchio di un buco nero nel cosmo per la luce: irresistibile. Con sarcasmo, liquidiamo chi finisce all’onore delle cronache con un laconico: «Si è montato la testa», salvo scoprire che i prossimi ad andare in orbita con il cervello saremo noi stessi all’occorrenza. Trovo solo avvilente, da appartenente alla classe medica, che, dopo sentenze pronunciate sulla Malattia SARS e sul virus Covid 19, totalmente disattese da fatti e da altri “dotti” verdetti televisivi di pari intensità e propagazione, ci siano ancora colleghi che accettino di parlare al pubblico pur sapendo che verranno smentiti il giorno seguente. Tutti si affannano a pontificare su ciò che nessuno in occidente ha mai vissuto da cent’anni. Come si può essere attendibili se non disponiamo di un atteso? L’atteso è qualcosa che, pur se già accaduto, è successo anni luce dai nostri. Nel 1920 ammalarsi e morire aveva un peso diverso: accadeva e basta. O qualcuno ti assassinava o era “morte naturale”. Già, “naturale” si diceva quando arrivava il proprio momento. Non c’è nulla di giusto o sbagliato in tutto questo: così si viveva e forse non si immaginava che potesse esserci un mondo migliore per farlo. “Morte naturale” era un accadimento. Dopo una guerra mondiale, con decine di milioni di caduti, morire di “spagnola” era considerato “naturale”. Si poteva solo abbozzare un simulacro di prevenzione epidemica, ma se te la beccavi e ci rimanevi secco era considerato “naturale”. I nostri tempi hanno ridotto tutto a un determinismo spietato. Il concetto di “naturale” è ormai estinto. Tutto ciò che accade ha un profilo colposo e, se possibile dimostrarlo, anche doloso. Se un pezzo di asteroide centra una scuola, vanno a processo in sequenza: il sindaco, il direttore della Protezione civile, il Preside, gli insegnanti, e pure i bidelli, per qualche reato omissivo, rei di non aver dato l’allarme dopo aver sentito il fischio del meteorite che piombava sull’edificio. Tutto questo ci fa sentire più sicuri? Non lo so, ma ammalarsi oggi è sempre e comunque colpa di qualcun’altro, ammesso che il delinquente non abbia addirittura diffuso l’epidemia di proposito. Qualcuno deve per forza fornire tutte le spiegazioni possibili e soprattutto impossibili su fenomeni dei quali pochissimi hanno l’esperienza più che la conoscenza teorica. Si spiega così la logorrea mediatica di clinici e scienziati sull’epidemia? Non so rispondere neanche a questo, ma ormai è chiaro che i miei colleghi alzano i toni in TV sempre di più, cercando evidentemente di superare maestri di spettacolo inarrivabili, come ad esempio l’ex ministro Toninelli che, geloso di un grande comico del passato, tal Mac Ronay, si è prodotto in una esilarante scena di mimo a proposito dell’accordo tra Governo e famiglia Benetton sulle concessioni autostradali
Lui, Toninelli, ha superato il maestro a proposito di determinismo colposo. Ma revocare le concessioni e liquidare la quota di partecipazione dei Benetton, pagandola a suon di miliardi (i nostri) è la stessa cosa? La risposta è nel suo ridicolo sketch da emulo del comico francese e soprattutto del suo datore di lavoro genovese, anch’egli ex comico, oggi declassato ad attore drammatico.
Vi prego, cari colleghi medici; comparite pure in TV, ma fatelo meglio di costoro.
Grazie