Aristotele, a proposito di accezione filosofica di paradigma, lo indicava come l’argomento basato su un caso noto, a cui si ricorre per illustrare uno meno noto o del tutto ignoto. Tutto ha un paradigma di riferimento: il clima, i verbi, la fenomenologia scientifica e anche quella politica. Il paradigma del Governo Conte non è egli stesso, ma il suo Ministro delle infrastrutture, la Piddina Paola De Micheli. Non perderei del tempo a sintetizzare una sua biografia, ma partirei dal 2017: da Sottosegretario al Ministero dell’Economia viene nominata Commissario per la ricostruzione del Centro Italia dall’allora Governo Renzi. In quell’occasione si distingue per una lettera a sua firma che sollecita i 160 Sindaci di altrettanti Comuni del “cratere” del sisma abruzzese a pagare le tasse accendendo mutui bancari. Inutile rammentare l’indignazione per una simile trovata.
Oggi, in qualità di Ministro delle Infrastrutture, la De Micheli afferma che: «Non potevamo non intervenire in una situazione che è il risultato di controlli svolti in passato dal concessionario, e che oggi sono anche oggetto di indagine da parte della magistratura ligure».
In sostanza, la De Micheli tramite il suo Ministero con il pretesto della sicurezza, sempre efficacissimo quando si deve far digerire a qualcuno qualcosa di improbabile, di fatto, in piena stagione turistica e in un sol colpo, blocca le tre direttrici autostradali che collegano tutto il nord Italia al mar Ligure. Per sua affermazione, pungolato dalla magistratura, il Ministero stesso si accorge tutto d’un tratto di quasi cinquant’anni di mal manutenzione della nostra rete autostradale, il che apparirebbe anche un fatto virtuoso e decide improvvisamente di far verificare tutte le gallerie delle autostrade in questione. Il problema è che lo fa tutto d’un botto, senza alcuna programmazione e durante il periodo più trafficato dell’anno. Risultato scontato: paralisi del turismo in Liguria. Potrebbe sembrare la recidiva di un’amministratrice affezionata ai propri errori. Anzi, visto il suo piglio nell’additare altri come responsabili delle sue scelte, non fa altro che rappresentare il paradigma stesso del Governo di cui fa parte. La colpa è sempre degli altri ed è questo il loro modo di traccheggiare. Il guaio del Governo Conte, direbbe un grande allenatore di volley come Julio Velasco, è la cultura degli alibi. È quel vizio che ti fa trovare sempre una scusa per i tuoi errori. È colpa del terreno. È colpa di quello che ti ruba i voti a destra con il populismo becero, di cui Conte stesso è un degno rappresentante anche se di colore pentastellato. È colpa del grande dittatore Salvini. È colpa degli italiani che sono patologicamente imbecilli.
E se incredibilmente la colpa fosse tutta di questo improbabile esecutivo galleggiante? Una cultura e una classe dirigente incapaci di dialogare con una parte rilevante del Paese. Una medesima classe dirigente affetta da una sorta di presunzione antropologica che porta al niente cronico. Fate caso alle dichiarazioni di Conte: non ha mai fatto una proposta chiara. Non ha mai lasciato il segno. Perché? Per pigrizia, per mancanza di idee e fantasia? Non solo. In questo Governo c’è la convinzione che, in caso di elezioni politiche, non si possa che non votare per un ennesimo replay di sé stesso. Devono governare perché sono i migliori, perché sono gli unici legittimati a farlo, perché gli altri sono il male, perché la democrazia ha un senso solo se vincono loro, perché sono i giusti, perché sono moralmente superiori, perché Dio lo vuole. Questo atteggiamento, questa presunzione non piace a gran parte degli italiani ed essi ogni volta che hanno l’occasione puniscono l’arroganza di chi pretende di farsi votare (ma anche chi non ha bisogno dei voti per governare, come Conte e come Renzi, a suo tempo) senza mettersi in gioco. Per questo non si va mai a votare.
A proposito delle dichiarazione del Ministro De Micheli, come da citazione di Salvator Rosa: “O taci o dì qualcosa migliore del silenzio”.