In epoca di reality gastronomici dallo share sempre più incerto torna di moda lo sciopero della fame. In un mondo comprensibile sarebbe una protesta come un’altra, peraltro dagli illustri trascorsi: dalla pratica del dharna indiano di Gandhi ai repubblicani irlandesi di inizio secolo scorso, ai detenuti politici turchi. Nel nostro piccolo, a proposito di proteste auto-privative, con un appassionato e compianto (…più dopo la sua morte che da vivo) Marco Pannella non abbiamo sfigurato. Il capolavoro dei capolavori tra gli scioperi della fame tuttavia è in atto mentre sto scrivendo. Un sempre più folto gruppo di parlamentari illustri ha intrapreso un’astensione alimentare per protesta contro la non approvazione dello ius soli. Tra di essi anche un prestigioso esponente del governo: il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti onorevole Graziano Del Rio. “Dopo tante parole urlate, sullo ius soli è giunto il momento della riflessione. È il tempo forse di parlare coi gesti, far capire alla gente in modo mite e non violento” ha dichiarato quest’ultimo su Repubblica. http://www.repubblica.it/politica/2017/10/05/news/ius_soli_svolta_di_delrio_sciopero_della_fame_cosi_tutti_capiranno_-177423490/
Insieme a lui, ultima in ordine di tempo (…e di annuncio alla stampa), l’onorevole Rosy Bindi. Gli altri sono: il viceministro alle Politiche agricole, senatore Andrea Olivero e i parlamentari Elena Ferrara, Paolo Corsini, Vannino Chiti, Lucio Romano, Sergio Lo Giudice, Walter Tocci, Franco Monaco, Sandra Zampa, Michele Piras, Loredana De Petris. La Presidentessa della Camera dei deputati onorevo(la) Laura Boldrini ha dichiarato che ci sta pensando.
Premesso che il tema di questo post non è l’essere o non essere favorevole allo “ius soli”, peraltro argomento già affrontato sul questo blog il 18 giugno e preso atto che ogni tanto un breve periodo di astinenza dal cibo non può che essere sano e detossificante, c’è qualcosa che non torna. Si può comprendere l’atto estremo di un cittadino, magari privato della propria libertà ingiustamente, contro quei poteri responsabili della carcerazione o lo sciopero dimostrativo di un bonzo, senza nessun altro potere di influenza, magari messo in atto prima di darsi fuoco. Tutti gesti di persone semplici, non certo gestori di decisioni che potrebbero, volendo, cambiare il destino di ciò in cui credono fortemente. Risulta invece singolare che uomini e donne eletti a far parte di chi può e deve decidere sulle scelte di un Paese adottino una forma di protesta a favore di ciò che essi stessi non sono stati in grado di stabilire avendone la facoltà. Luciano Violante ultimamente ha dichiarato che “la democrazia non si trova in natura; è un prodotto artificiale”; se ne deduce quanto sia complesso l’esercizio di quest’ultima, per esempio nell’accettare da parte dei suddetti scioperanti di non essere stati in grado di convincere un’ampia loro maggioranza circa le proprie ragioni sull’introduzione dello ius soli. Sperticarsi a rilasciare dichiarazioni suggestive sulla “lotta di civiltà” e la “cultura dell’accoglienza”, non basta in democrazia a convincere tutti. Bisogna dimostrare in modo credibile ciò che si sostiene e soprattutto convincere i propri interlocutori riottosi sulla sostenibilità reale delle proprie idee. Evidentemente la vecchia abitudine in voga a sinistra di trattare la realtà solo a colpi d’arma da slogan non funziona più. Per cui ciò che rimane è rifugiarsi nei gesti dalla retorica estrema, contrabbandando un insuccesso politico con l’autolesionismo dimostrativo. Mi chiedo: se un Ministro, con la sua maggioranza, non è riuscito a far approvare una legge, contro chi diavolo sta protestando se non contro se stesso?