Livorno è un posto pieno di sorprese. La città di Modigliani, ma anche dei suoi geniali falsi, sembra irridere il mondo con il ghigno ironico che i toscani sanno interpretare meravigliosamente. Solo noi napoletani li superiamo, perché da duemila anni misceliamo ironia e tragedia in un mix unico al mondo. Livorno nel 2019 ha istituito un festival dal titolo “Il senso del ridicolo”. I temi sono l’umorismo, la comicità e la satira, cose troppo serie per essere trattate in altri luoghi meno geniali della città toscana.
Passando ad argomenti decisamente meno seri, compaiono sui giornali di questo periodo le affermazioni di Alessandro Di Battista. Vorrei definirlo in qualche maniera, ma sono in evidente difficoltà: politico? Forse. Opinionista? Probabile. Uomo comune? Improbabile. Giornalista/Scrittore? A parte gli emolumenti percepiti da Il Fatto Quotidiano, numerose sono le prove contrarie. Viaggiatore a tempo perso? Senz’altro. Di qualunque cosa si occupi di preciso, oggi si sta concentrando sul suo ex collega di partito/movimento/setta e lo sta facendo non certo per fargli i complimenti. “Dibba” sostiene che: “Da bibitaro a sommelier, Di Maio è diventato uomo di potere” e poi “Luigi Di Maio ormai è diventato un uomo di establishment, di potere. È cambiato, oggi è un uomo di sistema, pensa alla prosecuzione della sua carriera politica nonostante avesse giurato più volte ‘due mandati e poi a casa, torno alla mia vita‘”
Beh, in realtà l’ex Consigliere comunale missino, citando il curriculum di Di Maio, non dice certo il falso: dal lavoro di steward allo Stadio San Paolo, al sondaggio web su di lui a San Giorgio a Cremano che lo ha incoronato parlamentare, al Ministero degli Esteri (via palazzo Chigi come vice presidente del Consiglio dei ministri). Il fatto è però che Di Battista non ha mai rinunciato alla retorica dell’ammuina studentesca, tutta fatta di complotti, poteri forti e malaffare. Un paese come il nostro che si sente meglio quando esulta inferocito e festante dopo una sentenza di condanna nella pubblica piazza contro il malcapitato di turno è il terreno di coltura ideale per il buon “Dibba”. Per sentirsi (h)onesti, basta dare agli altri del disonesto e illudersi che tutte le nostre ombre vengano spazzate via da un vento di purezza. Quando Di Battista parla di potere, establishment, uomini di sistema, riferendosi a Di Maio, a cosa allude? Se invece di essere Alessandro Di Battista egli fosse un anonimo Pasquale Zambuto, a parità di idee e capacità dialettiche, verrebbe chiamato in TV a fare l’opinionista? Zambuto, senza aver svolto la carriera di politico, parlamentare, uomo pubblico, se avesse voluto passare mesi interi in giro per il mondo a scrivere diari, (che qualcuno ha benevolmente definito “reportage”), avrebbe ricevuto emolumenti da una nota testata giornalistica nazionale filo cinque stelle per permettersi di viaggiare a piacimento? Di Maio certamente utilizza il potere che da sempre il Movimento nel quale è stato eletto esercita, sostenendo però il contrario agli occhi dei suoi elettori, ma veramente siamo certi che anche Di Battista non lo eserciti anche lui? Tra i mille modi per essere uomini di potere il suo è semplicemente il più giocoso. Già, lui si spaccia come l’ultimo Peter Pan barricadero contro l’establishment, il medesimo che egli stesso ha contribuito a generare e di cui probabilmente campa a tutt’oggi sfidando con coraggio il senso del ridicolo coniato dai livornesi.
D’altronde, come scritto da qualcuno su Twitter: i grillini dovrebbero essere contenti di andare sempre più giù nei sondaggi e nei voti: non erano loro a predicare la “decrescita felice?”
Firmato Pasquale Zambuto.