A proposito della dipartita di Michela Murgia, il carrozzone social si è mosso con le proprie regole, direi sinistre. A parte un’infinità di commemorazioni di rito che grondano stereotipi su una morte annunciata, assistiamo a un trionfo di esaltazioni del personaggio o quant’altro sia stata la Murgia. Come di consueto, si sono distinti i soliti personaggetti fuori spazio e tempo che campano di sputtanamenti, ossessioni psicopatologiche sul fascismo galoppante, o più semplicemente fanno finta di esprimere opinioni per accontentare l’editore di turno o il riferimento politico che li protegge. Cosa penso della Murgia? Non mi interessava prima e poco adesso, non ho mai trovato originale ciò che diceva, se non per il carrozzone che si portava dietro e che oggi si è arricchito di saltatori per il suo non esserci più.
C’è chi, anche attraverso il suo decesso, come un soldato giapponese abbandonato sulle isole del Pacifico, combatte una guerra immaginaria contro il fantasma del fascismo e dei fascisti, visti e denunciati in chiunque esprima opinioni diverse da quelle corrette e condivise a sinistra. Il cordoglio umano per la morte di una persona dalla quale si poteva anche essere distanti ideologicamente è, per questi patetici figuri, peloso, fascista e che non conosce la decenza. Beh, la stessa decenza dimenticata proprio da quei malmostosi che campano di “fascismi” altrui, appioppati a casaccio, a seconda delle simpatie e di un passato, che piaccia o no, ormai remoto.
Svetta una citazione, proprio della Murgia: “Noi intellettuali a fare opposizione da soli” ripresa entusiasticamente dai soliti suoi accoliti vip social, radical chic, che li definisce degnamente: una setta privata. Gente che campa di pettegolezzi, sbertucciando taxisti e baristi sgraditi, pubblicando scontrini fiscali indigesti, che si auto definisce intellettuale e utilizza al posto dell’intelletto altre chance umane meno nobili. Persone che piagnucolano, ritenendosi gli unici legittimati a parlare di mafia, quando gli editori decidono, legittimamente, di non trasmettere più il proprio programma in TV, altri che vivono di redditi social cercando in ogni discorso o dichiarazione pubblica di chi ci governa una parola o una frase fascistabile, per far indignare quel giusto numero di like che gli consenta di raggiungere un emolumento adeguato per non guadagnarsi da vivere lavorando. Insomma, un oceano di parvenu che pretendono di indicare l’etica altrui, unici abilitati però a non applicare a sé stessi proprio quell’etica professata ai quattro venti. Non amo le citazioni se non di alcuni maestri senza tempo: “Il fascismo privilegiava i somari in divisa. La democrazia privilegia quelli in tuta. In Italia, i regimi politici passano. I somari restano. Trionfanti.” Indro Montanelli