Su fb una cara amica progressista ha postato queste parole firmate da un iscritto sul social. Deve trattarsi di un docente scolastico che esprime in alcuni casi opinioni, in altri presunti punti di vista apodittici in forma di semi prosa. Si tratta di una sintesi del pensiero “educato” della sinistra di oggi e dunque ho giocato anch’io su cosa mi spaventa e cosa non mi fa paura. Lui scrive:
“A me non fa paura quello là che suona i campanelli.
È come a scuola: lui è solo il bullo che se la prende coi più deboli e scappa davanti ai più forti.
Ma così come a scuola, il problema non è mai il bullo. Il problema sono tutti gli altri. Tutti quelli che gli vanno dietro.
Il bullo, senza di loro, è zero.
Così a me non fa paura lui.
A me fa paura la signora che gli indica il campanello da suonare.
A me fa paura la vecchietta che abita nel mio stesso quartiere che si sente soddisfatta quando una nave affonda.
A me fa paura il collega insegnante che si suppone abbia letto e studiato che quando parla dei suoi studenti di un’altra etnia usa l’espressione “eh che volete fare quelli là sono così”.
A me fa paura il genitore del mio studente che insegna al figlio ad odiare e ad aver paura di ciò che è diverso, così poi ti ritrovi ragazzini di undici anni che nei temi scrivono frasi razziste senza nemmeno rendersi conto che sono razziste.
A me fa paura la donna che al supermercato fra barattoli di fagioli e i pelati guarda con diffidenza la mamma di colore che le passa di fianco col carrello.
Quello là che suona i campanelli è talmente infimo e abietto da non suscitarmi nessun sentimento.
Gli altri mi fanno rabbia e paura. Tutti gli altri, quelli che lo venerano.
Perché sono apparentemente persone perbene: ma covano dentro così tanto rancore, veleno e frustrazione da arrivare sul serio a credere che la causa di tutti i loro mali stia in chi sta peggio di loro.
Perché godono a vedere un uomo di potere che se la prende con un diciassettenne tunisino e lo espone a un linciaggio.
Mi fanno paura, tanta. Ma più che paura: pena.
Perché ci vuole davvero tanta notte nel cuore per non vedere quanto in basso stanno cadendo.
Per non rendersi conto che un giorno, fra non molto, qualcuno verrà lì e glielo chiederà: ma come avete potuto?”
A me non fa paura quello che suona i campanelli. Salvini ha scelto modi da bullo, ma i moralisti, che magari si dovrebbero preoccupare della sicurezza nelle periferie, preferiscono guardare il suo dito inopportuno su un citofono piuttosto che fissare lo sguardo sullo spaccio di quartiere.
Non mi piace che qualcuno dia in pasto alla folla inferocita un ragazzino di 17 anni con precedenti penali, ma mi fanno paura quelli che per venticinque anni hanno criminalizzato a mezzo stampa un intero pensiero di centrodestra, senza se e senza ma.
A me non fa paura la vecchietta che esprime in malo modo il suo legittimo malcontento verso chi impiega risorse pubbliche su cose che lei non riuscirà mai a comprendere, visto che non arriva a fine mese con la pensione.
A me fa paura la posizione del mio collega medico che, pur avendo studiato e imparato come si assiste dignitosamente un paziente, è costretto a occuparsi come può e senza alcun supporto di una quantità quintupla di persone in un Pronto soccorso di Lampedusa o di qualunque altro luogo di frontiera, inappropriato per assistere tutti quei pazienti. Quei luoghi reali di sofferenza sono volutamente ignorati dai moralisti indignati, anche perché i loro rappresentati politici non hanno mai saputo (o voluto) attuare efficaci politiche di controllo dell’immigrazione clandestina, come del resto programmare l’assistenza socio sanitaria dei migranti sul suolo italiano, nascondendosi dietro motivi umanitari.
Mi fa paura il genitore dello studente che incita il figlio a chiamare razzisti e/o fascisti tutti coloro che esprimono solo le proprie idee, senza insegnargli la differenza tra l’espressione, seppur forte, di un bisogno e un’intenzione di discriminare qualcuno.
Mi fa paura l’indifferenza colpevole dei moralisti verso i nomadi che vagano nei supermercati, accompagnati da un nugolo di figli loro e non, i quali non dovrebbero trovarsi in un centro commerciale a praticare accattonaggio organizzato, ma in una scuola.
Provo invece compassione verso chi si arroga il diritto di decidere per tutti cosa sia corretto e cosa non lo sia, cosa sia sessista e cosa non lo sia, cosa sia classista e cosa non lo sia, solo per stabilire una verità di facciata unica e assoluta, da poter violare comodamente all’ombra del proprio autocompiacimento. Provo un’umana compassione verso chi si sente migliore degli altri perché di sinistra, criminalizzando chi non lo è.
A molti è piaciuto delegittimare un interlocutore dalle idee non conformi, magari augurandogli la morte sui social, come accaduto a Siniša Mihajlović, allenatore del Bologna reduce da alcuni cicli di chemioterapia. Aveva solo espresso opinioni invise a qualcuno, magari proprio uno di quelli scandalizzati dal ditino di Salvini sul citofono della palazzina del Pilastro a Bologna.