La forma dell’Io. Per Luigi Pirandello non esiste una sola forma dell’io, quella che ognuno ha di se stesso. Nelle relazioni esistono tantissime forme di io; quelle che noi forniamo a tutti gli altri. In questa moltiplicazione logaritmica l’io perde la sua individualità e da «uno» arriva fino a «centomila». Qual’è il risultato? Se ognuno ha, dietro la maschera, decine di migliaia di personalità diverse è come se non ne possedesse nessuna, perché nel continuo cambiare non è capace di soffermarsi sul suo vero “io” e quindi diviene «nessuno».
Mi sono permesso di osare con la Letteratura e il Teatro, entrambi con l’iniziale maiuscola, per parlare di realtà più prosaiche: il governo parlamentare.
In breve, esiste un equivoco, ormai istituzionale, di cui tutti siamo vittime spesso inconsapevoli. Secondo la Costituzione “più bella del mondo” il Governo è espressione di una maggioranza parlamentare e a questa è indissolubilmente legato al voto di fiducia. Ma siamo così certi che il parlamento sia da considerarsi come un’entità unica che detiene il potere supremo? In una democrazia parlamentare in salute la formazione della maggioranza dovrebbe riproporsi alle elezioni, ma è proprio così? Se questo è il presupposto per misurare la salute della democrazia parlamentare, viste le continue metamorfosi delle maggioranze raramente decise dal voto, da medico direi che siamo di fronte, da svariati decenni, a una cronicizzazione di una patologia. Tutti siamo convinti che il ruolo del Parlamento e della maggioranza parlamentare sia quello di valutare il comportamento del Governo ed, eventualmente, di esprimere giudizi che potrebbero determinarne la caduta. Tuttavia la patogenesi della malattia cronica non è il Parlamento in sé, ma sta nei rapporti tra quest’ultimo, la maggioranza e il Governo. Ciò che appare agli occhi dell’opinione pubblica, come raccontato dai media, è proprio il meccanismo che sostiene la malattia. Si tratta di una rappresentazione ingannevole poiché le forze politiche che sostengono l’esecutivo influiscono attivamente sulle scelte e sulle decisioni del Governo, se non altro attraverso veti e diktat. I parlamentari possono agire dietro le quinte per condizionare l’attività di governo, in modo non visibile, senza comportare una diretta assunzione di responsabilità politica, che a fine legislatura resta interamente in capo allo stesso Governo o a quel che resta della maggioranza parlamentare dopo che in molti, anzi in troppi, hanno preso le distanze dall’azione dell’esecutivo. Una caratteristica del Parlamento italiano è la possibilità di essere eletti sfruttando il simbolo di una forza politica che poi, appena entrati in Parlamento, è possibile abiurare, con buona pace della rappresentanza democratica. In sostanza, le forze politiche con l’avanzare della legislatura diventano sempre più frammentate e danno vita a gruppi parlamentari nuovi, non più riconducibili ai partiti eletti, non sottoposti al vaglio degli elettori e che probabilmente mai lo saranno poiché in campagna elettorale verranno nuovamente cooptati in altre formazioni politiche, complici anche gli stessi partiti politici in cerca di voti. I partiti politici e le maggioranze parlamentari sono particolarmente attive quando si tratta di formare i governi e condizionarne l’operato, in modo non sempre trasparente, mentre sono esageratamente frammentati e inconcludenti quando si tratta di fare buone leggi, per poi, quando tira una brutta aria, salire su un palco, criticare l’operato del Governo e lavarsene le mani come Ponzio Pilato.
E allora, viva il Parlamento malato di Ponziopilatite cronica, viva il tramonto definitivo delle idee per far spazio al trionfo dei centomila “io” pirandelliani con i quali ci rapportiamo con gli altri. Ma se i centomila in fin dei conti equivalgono a nessuno, allora tutto questo ha un senso? Mah, ho già mal di testa…