Brutta bestia il pelo del lupo; di peggio c’è solo il vizio. Che il pregiudizio sia tra i vizi più di moda ci sono pochi dubbi. Pregiudizi religiosi, ideologici, sportivi, alimentari, razziali, di genere, dilagano come anche i pregiudizi sui falsi pregiudizi. Quanti si sono sentiti appellare prevenuti, o peggio, fascisti, razzisti, classisti, solo per aver espresso qualcosa di non allineato con la sacra correttezza del pensiero unico di sinistra. Non che a destra non si viva di pregiudizi. Intere forze politiche hanno mutato il corso della propria storia cavalcandone un bel po’ per conto di un elettorato incazzato. La reazione stizzita al disagio espresso, anche in malo modo, da quell’elettorato da parte dei “Salonkommunist“, (comunisti da salotto, figli della buona borghesia tedesca degli anni ‘70) si è sempre affrancata dai motivi reali di chi vota a destra, definendo quella rabbia come canea, suburra, sordida ignoranza. Un po’ come se l’intellighenzia di sinistra fatta più di militanti che pensatori, evidentemente grati al potente apparato della gauche italenne, rispondesse alle domande degli italiani, frustrati dalla mancanza di risposte, come fece Maria Teresa d’Austria: “Se non hanno più pane, che mangino brioche!”
Gira un articolo tratto da Il Manifesto, sul cosiddetto “business del siero” nella Regione Lombardia.
In breve, l’amministrazione Regionale lombarda consente ai laboratori privati di effettuare esami sierologici a pagamento per rilevare Immunoglobuline a seguito di contatto con il Coronavirus. Se il pagante risultasse positivo per uno dei due tipi di anticorpi, IgM e IgG, dovrebbe poi effettuare un tampone. Secondo il quotidiano comunista la Lombardia patirebbe la scelta fatta dalla Regione all’inizio della crisi di non investire sui tamponi e l’assistenza territoriale e quindi non avendo acquistato per tempo a gennaio e a febbraio i reagenti per i tamponi, a differenza di quanto fatto ad esempio dal Veneto, è già al limite della capacità giornaliera di analisi dei tamponi dunque abbandonando quei cittadini che la Regione ha deciso di lasciare al fai da te non testandoli con un piano pubblico uguale per tutti. Siamo tutti profeti prodigiosi quando le cose sono già avvenute: basta inscenare la realtà che più ci piace e appiopparla al passato prossimo. La Regione Veneto non ha mai investito più di quanto previsto nella propria programmazione sulla Sanità Territoriale nei mesi di gennaio e a febbraio. Si è solo mossa in anticipo mettendo a punto una metodica di analisi dei tamponi con un metodo realizzato in casa, senza sistema chiuso e senza dover fare riferimento a fornitori. I risultati sono stati validati con l’Istituto Spallanzani di Roma.
Quindi hanno scelto di farne di più in quei focolai chiusi dove era esplosa subito l’epidemia. Tutto qui. Non c’entra nulla la policy sanitaria o gli investimenti diretti agli ospedali e non al territorio. Quindi, chi si scandalizza per la solita storia del “privato” vs il “pubblico” farebbe bene a verificare i fatti prima di indignarsi per un pregiudizio sanitario e magari suggerire ai lettori che, prima di mangiare brioches, sarebbe meglio capire come riprendere a sfornare il pane comune e anche in fretta…