Oggi mi sento più nostalgico che mai! Ricordo quando, per poter aspirare di comparire in TV o in un film, si doveva essere in grado di fare delle cose, bene o meglio degli altri. Se poi si aveva talento e coraggio la strada era in discesa. Così accadeva nella narrativa, nella letteratura, nella saggistica, nel giornalismo, nel management e in ogni altra cosa dove fosse possibile affermarsi. Sarebbe ingenuo pensare che anche in quei tempi non esistevano le scorciatoie, ma se non c’era la sostanza ogni via preferenziale diventava prima o poi un vicolo cieco, secondo la legge del più bravo. Poche le occasioni: niente social, niente web, niente reti televisive satellitari moltiplicate in decine di migliaia di emittenti. Solo TV di Stato, Cinema e grande editoria. O si era all’altezza o era oblio eterno. Certo, il mondo non era in crisi, di questo genere attuale di crisi, ma oggi la frammentazione metastatica dei suddetti settori ha contribuito al quasi default dell’editoria, tutta. La regola principale in questi tempacci è investire su personaggi e non su contenuti. Al pubblico piace chi dice delle cose, come le dice e quanto sia seriale il dirle. Ciò che viene detto è solo un banale contrappunto all’immagine di chi lo dice o lo scrive, o lo recita. L’Immagine, con la “I” maiuscola è il vero core business a cui attenersi.
Vago su Instagram e ammiro i selfie, autenticamente autoscattati davvero o fatti da altri, di donne famose bellissime punto. Già, il punto è l’inizio e la fine della considerazione. Oltre il punto ci sono al massimo tre puntini sospensivi. Quante di esse, oltre all’aspetto stratosferico sono in grado di proporre cose, stendendo un velo in-pietoso sul talento? Sono tante e ognuna deve occupare uno delle migliaia di slot disponibili nell’intrattenimento gestito da editori di varia risma e quindi va benissimo così.
Oggi mi sono imbattuto nel profilo di un’attrice che se vi citassi il nome e il cognome alcuni di Voi correrebbero sullo smartphone per cercare di capire di chi si tratta. È una discreta attrice che oltre a comparire in alcuni film di respiro nazionale, in qualche apparizione televisiva e sul palco di alcuni lavori teatrali si è distinta per essere fotogenica. Begli occhioni chiari e malinconici, labbra carnose e ben rossettate, gran simpatia. Le parti che le hanno concesso erano spesso quelle di una svampita, un po’ maldestra che suscita sempre benevolenza da parte del pubblico. Orbene questa onesta professionista, d’improvviso è diventata una grande autrice di narrativa. Al primo lavoro nel 2017 vende 45.000 copie! A onor del vero Wikipedia è estremamente clemente con lei, considerato che chiunque può contribuire allo sviluppo della piattaforma enciclopedica e raccontare come meglio ritiene ciò che vuole, ma la questione non è il bel curriculum della nostra attrice, peraltro persona laureata e, sembrerebbe, di ottima cultura, ma il fatto che tra una puntata di Domenica In e una di Colorado, una partecipazione a un film di Fausto Brizzi e una parte da protagonista in uno spettacolo teatrale, sia divenuta d’improvviso Emily Dickinson. Non entro nel merito di ciò che scrive perché il tema, oggi come oggi, non è scrivere bene, benissimo, male, malissimo o non essere in grado di piazzare due o tre concetti e in croce (e magari entrare comunque tra i primi 10 del premio Strega), ma improvvisarsi produttori di best seller su scelta e decisione di un curatore d’immagine di una major dell’editoria, più che di un comitato editoriale attento a contenuti, stile, collocazione nel tempo e tutto ciò che una volta era indispensabile per diventare una grande autore. Nelle classifiche nazionali di vendita i talenti autentici sono sempre più rari e continuano a primeggiare i soliti autori con i quali si va sul sicuro tipo Camilleri, Carofiglio e via dicendo. Comprendo e condivido la preoccupazione imprenditoriale, ma l’editoria è come la Sanità: aziende sì, ma non di merci. Ho letto qualcosa della nuova star scrittrice/attrice/presentatrice e mi ha anche divertito e allora contrariamente alle mie abitudini ho scritto sul suo profilo di Instagram un commento, o meglio le ho posto una domanda, colpevolmente e biecamente stizzito per il suo successo, con ogni probabilità anche giustificato: “Ciao, come si fa ad avere successo editoriale? Ho scritto e pubblicato tre romanzi e non ho ancora capito se sono una chiavica come autore o se serve qualcos’altro.” La sua risposta, incredibilmente immediata, è stata: “Una magia di proporzioni. Come la fotogenia”.