Chi è di scena. Bettino Craxi e la giustizia a teatro o il teatro della giustizia?

Nessun uomo può essere processato due volte con la stessa accusa, per lo stesso reato.

La regola e l’eccezione convivono sempre quando in questo Paese il tema è la giustizia, anche se riprodotta in un teatro. Tuttavia stavolta la finzione è straordinariamente rappresentativa della realtà. Stamattina apprendo che al teatro Carignano, qui a Torino, andrà in scena lo “spettacolo” del processo “bis” a Bettino Craxi. 

https://torino.corriere.it/cultura/20_febbraio_08/craxi-processiamolo-teatro-47408a14-4ab2-11ea-b474-2022aed4301a.shtml

Il cast di attori e figuranti è d’eccezione: nella parte del Presidente della Corte Giancarlo Caselli, in quella dell’avvocato difensore Bruno Gambarotta, uno dei testimoni sarà nientepopodimeno che Pif e, udite udite, il Pubblico ministero Marco Travaglio. L’ideatrice dello spettacolo, Laura Salvetti Pirfo, ha dichiarato sul Corriere di Torino: «dalla rappresentazione non trapelerà il nostro giudizio su Craxi», ma ammette che sia da assumere come «presupposto innegabile» che il leader socialista «sia stato un latitante e non un esiliato, un uomo che i giudici hanno dichiarato colpevole». Le affermazioni dell’autrice brillano di una sinistra bizzarria, ma al tempo stesso sono la sintesi perfetta di ciò che in questi ultimi decenni ha rappresentato e ancora rappresenta una cospicua parte della giustizia italiana. “Assumere” Caselli, Pif, Gambarotta e soprattutto Travaglio come simulacro di un equo tribunale giudicante nella finzione del processo a Craxi è come nominare ufficialmente Andrea Agnelli a capo dell’Associazione Italiana Arbitri. Comunque, al di là della figura di Craxi, sulla quale sono già stati spesi fiumi di parole, colpisce l’intento apparentemente nobile di giudicare con una messinscena moraleggiante un fenomeno dalle radici così profonde e lontane nella storia, da essere connaturato nel genoma del genere umano. Il tema è l’illegalità diffusa e accettata della società italiana, come afferma l’autrice dello spettacolo o la sua patogenesi? Se tra i due casi vale solo e sempre il primo, allora è più agevole schierarsi a favore di un concetto astratto piuttosto che sporcarsi le mani per capirne la sua profonda crisi. Illudere gli indignati di turno che si tratti di una semplice lotta tra il bene e il male è ormai il giochino più in voga tra i teatranti della legalità. La finzione del Teatro Carignano riassume tutte le componenti reali di quel tipo di giustizia: lo sfregio alla terzietà di chi giudica, la rappresentazione scenica dell’espiazione e la messa in cattedra di chi si (auto)definisce paladino della morale, campando della propria autoreferenzialità. È inutile ricordare che tali distorsioni non rappresentano solo la giustizia, ma anche e soprattutto la politica di oggi. Tolto Caselli, che almeno il magistrato l’ha fatto nella realtà, tutti gli altri brillano di quell’autoreferenzialità conquistata sul campo del culto di sé stessi. Il loro voler continuamente apparire diversi a tutti i costi dal mondo “illegale” che intendono contrastare con chiacchiere, spesso suggestive, conferma invece la loro appartenenza a un mondo, che magari non ci piace, ma reale, fatto di avvilenti compromessi e furbizia per galleggiare sulla superficie, anche a vantaggio della propria notorietà. Loro professano invece una Città del sole tipica delle società utopiche che per definizione contrastano con la natura umana e tutto questo solo per sentirsi migliori degli altri.
Inutile citare l’ovvio disappunto della figlia di Bettino Craxi per questa iniziativa, ma trovo interessante riportare le sue parole in merito al giudizio politico su suo padre che il teatro (…dell’assurdo) vorrebbe ridiscutere, al netto degli atti giudiziari già scritti:

«La storia ha già svelato la sua verità, non c’è bisogno di queste messe in scena. Vent’anni sono sufficienti per riflettere sulla figura di Craxi».

«Con Craxi l’Italia era la quinta potenza del mondo e si affacciava ad essere annoverata tra i sette Paesi più industrializzati della Terra. Era una Paese che cresceva, che aveva speranza, in cui l’ascensore sociale funzionava, e in cui l’inflazione era a una cifra. Il paragone con l’Italia di oggi lo lascio fare agli italiani».

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

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