Le stelle (…a cinque punte) del reddito di cittadinanza

Stamattina nel radermi davanti allo specchio mi sono tagliato. Mentre mi tamponavo il rivolo di sangue che usciva dal mio collo pensavo al fatto di non essermi fatto mai radere da un barbiere. L’idea mi faceva sorridere, ma in fondo ha certo fascino che va provato almeno una volta nella vita. A proposito di barbieri, il filosofo inglese Bertrand Russel coniò un paradosso che ha poi preso il suo nome. In breve, in un villaggio esiste un unico e solo barbiere. Lui rade solo tutti gli uomini che non si radono da soli. La domanda è: chi raderà il barbiere che è sempre sbarbato? La questione non è risolvibile poiché se egli non si radesse da solo, dovrebbe radersi in prima persona in quanto unico barbiere del villaggio; ma se si radesse non sarebbe più uno che non si rade da solo, e di conseguenza egli non dovrebbe radersi. Ma come fa a essere sempre sbarbato?

Esuliamo dalle questioni filosofiche di Russel, tra matematica e logica, che entrano in un dibattito che non è alla mia altezza, né coerente con l’argomento di questo post. Tuttavia la logica  si interseca con il comportamento umano fino agli estremi delle ideologie. Vengo al dunque. Sul Corriere della Sera c’è un articolo che descrive alcune storie di persone in fila davanti ai CAF per richiedere il Reddito di cittadinanza. 

https://www.corriere.it/economia/cards/reddito-cittadinanza-rocker-76enne-icona-bologna-l-ex-brigatista-mamma-4-figli-storie-chi-l-ha-chiesto/l-ex-br-fila-anche-io-voglio-sussidio.shtml

C’è un rocker di strada, una madre di quattro figli di una famiglia monoreddito, un marito separato che non lo chiede per se stesso ma, non volendo più pagare gli alimenti alla moglie prega l’impiegato del CAF di obbligarla a fare domanda. C’è addirittura un ex calciatore, addirittura inserito nella rosa del mio Napoli, insieme a un certo Diego Armando Maradona, nel 1987. Adesso se la passa male, con una famiglia di sei persone a carico. Tra coloro, dei quali si citano le tristi vicende private, c’è n’è uno che viene da un passato invece molto pubblico, che brucia ancora sulla pelle delle vittime e dei loro congiunti. Si tratta di un ex appartenente alla colonna torinese delle Brigate Rosse. Tanto per sgomberare il campo a ogni facile giustizialismo, va detto che il suo debito con la giustizia l’ha pagato e che, come le altre persone in fila ai Centri di assistenza fiscale, se è lì è perché avrà bisogno di quei soldi. Sarà meglio rammentare però ciò che dovrebbe essere ovvio, ma non scontato per taluni: è lo Stato che riconosce quel reddito. Si può essere non d’accordo, come nel caso del sottoscritto, o d’accordo con quel tipo di assistenzialismo, ma una cosa è certa: è lo Stato con la “S” maiuscola a dare quei soldi. Non è certo da questa considerazione che si può concludere che quel medesimo Stato in suo nome non si sia mai macchiato di ingiustizie non sanate, ma rimane pur sempre, oggi come allora, il garante di un contratto supremo stipulato tra noi cittadini e il suolo dove siamo nati e viviamo. Ora quel Garante ha scelto di distribuire risorse a tutti quelli che, secondo la norma, ne hanno diritto. Tra di essi c’è anche uno che quello Stato ha cercato direttamente o indirettamente di abbatterlo a colpi di Kalashnikov, disconoscendone ogni funzione. Pazienza se tra  quelle funzioni esiste anche il recupero di chi ha deciso di non riconoscerne regole e struttura, anche se  in fila per accedere a uno stipendio statale afferma candidamente: «Rimango di sinistra, non credo nella loro falsa aria di rinnovamento. Non tifo per i Cinque Stelle, l’unica stella in cui ho creduto era un’altra».

Sembrerebbe, vista la sua presenza al CAF della CGIL di Torino, che l’unica stella alla quale sta credendo adesso invece sia proprio quella presente nell’emblema della Repubblica Italiana che potrebbe, qualora rientrasse negli aventi diritto, mollargli un mensile di alcune centinaia di euro solo perché cittadino di questo Stato, che né le BR né altri hanno potuto abbattere.

Ricordo che il paradosso di cui sopra impedirebbe al barbiere di radersi perché se lo facesse non rientrerebbe nella categoria di coloro dei quali egli stesso dovrebbe occuparsi. Tuttavia, per qualche strano motivo egli è sempre ben rasato: chissà chi l’avrà miracolato…

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

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