C’è un tizio, tal Karlo Mangiafesta, di professione artista, che ha inscenato a Roma in Villa borghese una singolare performance. In breve, in segreto, lontano da occhi indiscreti ha installato tra le statue preesistenti nei viali del Pincio un busto di Guglielmo Marconi, poi lo ha vandalizzato di proposito. La notizia si è diffusa sui media suscitando evidentemente svariate reazioni di segno opposto, quindi l’artista ha rivelato di aver fatto tutto da solo per sperimentare gli effetti di una notizia totalmente falsa sulle opinioni dei cittadini.
Sarebbe un test interessante se ciò non avvenisse qualche centinaia di migliaia di volte al giorno. Il falso che Mangiafesta ha generato è una pratica comune dei media e di tutti quelli che li utilizzano per scopi più o meno privati. Non mi riferisco alle notizie false e inventate, non c’è bisogno di mentire, basta creare fatti dal nulla e poi raccontarli come le uniche realtà che interessano davvero.
È ormai tempo perso accanirsi sul senso di mobilitazioni antifasciste che di spontaneo hanno solo il cornetto e il cappuccino al bar prima del corteo. È pleonastico indignarsi constatando che gente in piazza sventolava la bandiera dell’Unione Sovietica o che il principale fautore di quelle mobilitazioni, il Segretario della CGIL, insieme alla maggioranza dei dimostranti mostrava fieramente il mancino proteso in nome di un comunismo che, a differenza di altre ideologie, ormai esistenti solo nelle menti patetiche di nostalgici violenti, è ancora diffuso nel mondo e governa paesi piegati da quegli stessi fascismi che si vogliono contrastare a chiacchiere sul piano dell’ipocrisia. Ma noi, come titola in prima pagina Repubblica: “In centomila in piazza difendiamo la democrazia”! Poco importa se a Milano quella democrazia la “difendono” gli anarco insurrezionalisti di estrema sinistra, arrestati per aver messo a ferro e fuoco le strade in corteo. Quelli ce li facciamo andar bene e nessuno osa dire che andrebbero chiusi, al pari dei loro omologhi di estrema destra. Il fatto è che l’apologia di comunismo in questo Paese non solo non è reato, ma viene pure esibita con orgoglio, alla faccia della storia, della democrazia e degli antifascismi, tutti. Se quest’anno in Italia c’è un milione e mezzo di nuovi poveri, le aziende chiudono e si campa di cassa integrazione per i media e quindi per gli eroi dell’antifascismo militante di quella piazza queste ultime non sembrano priorità. L’importante per i veri tifosi del benaltrismo al contrario è però chiudere i covi dei “neri” per risolvere tutto. Se ad assaltare la CGIL fossero stati gli ultras della Roma o della Lazio dubito che si sarebbero scomodate decine di testate in prima pagina per settimane e di conseguenza migliaia di persone in piazza sostenute dalla retorica giornalistica e da quella istituzionale. Sarebbe bastato che la grande stampa desse il giusto risalto a una devastazione odiosa, sostenendo però che quel tipo di fascismo è un problema connaturato non solo tra nostalgici del Paese di un secolo fa, ma di una lunga serie di esecutori seriali di violenza, indipendentemente dalle bandiere esposte. Tuttavia, sembrerebbe più efficace creare le grandi notizie, visto che la caccia al fascio pre elettorale pare funzioni, partendo da fatti accaduti come il busto di Guglielmo Marconi creato, vandalizzato e poi reso artificiosamente notizia.