Mi ricordo Crozza (alias Carmelo il muratore…)

Mi ricordo Crozza insieme a Ugo Dighero in un allora sconosciuto gruppo di comici, “I Broncoviz”, miracolati da “Mai dire gol”, circa nove anni fa, che interpretavano due muratori, Carmelo e Pino in uno sketch in cui litigavano sulla consistenza del cemento mentre veniva impastato nella betoniera. Uno sosteneva che era troppo secco e l’altro troppo liquido. https://youtu.be/eKVDqB-xQHk . Dopo un batti e ribatti ossessivo di qualche decina di secondi, dal quale non se ne usciva, Crozza, alias Carmelo, per rompere le monotonia del dialogo: «È secco!», «No è liquido!»,«È secco!», «No è liquido!» diceva: «Pino, tuo figlio si droga!». L’altro si fermava di colpo e lo guardava esterrefatto, per poi, dopo qualche altra battuta, dimenticarsi della clamorosa notizia ricevuta e ripetere il ritornello «È secco!», «No è liquido!»,«È secco!», «No è liquido!» e così via.

Sia quella scenetta, che la comicità del gruppo nel quale militava Crozza, non sono mai state di memoria epocale, pur considerando la bravura dei singoli attori. Tuttavia, quel dialogo tra i muratori Carmelo e Pino, strutturato in un tormentone con il quale la Gialappa’s santificava i comici delle loro trasmissioni, (quelle sì indimenticabili), ha preconizzato involontariamente uno dei motivi del successo di Crozza: utilizzare l’informazione roboante per far emergere la comicità insita nel quotidiano. Fin qui non c’è nulla da eccepire. La satira si basa proprio su questo. Peraltro il suo talento, che, come evidenziato più volte, è più di attore/interprete che di comico naturale, non è in discussione. Tuttavia quel successo, pur se meritato e giustificato dalle sue ottime performance, si è costruito sul clamore delle realtà giornalistiche del momento e anche sul fare satira prevalentemente in un’unica direzione. Prendere per il culo Berlusconi per l’accusa, (dalla quale è stato poi assolto), di prostituzione minorile e sfottere Bersani sulla smacchiatura dei leopardi non è proprio la stessa cosa. Certo non è facile essere caustici allo stesso modo con chi ti potrebbe bocciare la carriera senza appello, in silenzio e senza clamori, per poi estrometterti a vita dal piccolo schermo, con chi invece, qualora avesse provato a farlo frontalmente, sarebbe stato sparato sulle prime pagine di tutti i quotidiani per essere definito un dittatore di cartapesta. Ma l’auto conservazione della specie, (la propria), è cosa normale per tutti, figuriamoci per i comici politically correct.

Ciò che non ho potuto però ignorare è stato il singolare percorso di Crozza attraverso la credibilità di talune notizie o presunte tali. Egli ha impostato, con la sua spalla creativa Andrea Zalone, buona parte dei suoi spettacoli su articoli giornalistici. Certo, appurare l’attendibilità delle fonti di quelle notizie se a volte non è una preoccupazione del giornalista stesso, perché dovrebbe esserlo per il comico e il suo autore, che le attingono con serenità da quotidiani di respiro nazionale per scrivere i loro testi. Ma la vita è strana; finché le vittime dei cosiddetti “fake”, “bufale”, “sòle”, o chiamatele come volete, sono gli altri o meglio quelli che preferiamo dileggiare maggiormente per mille motivi, va tutto bene. Se però l’obiettivo della notizia tarocca, contraffatta, o inquinata da stupidaggini è lo stesso Crozza, si apre un fronte nuovo, come il cielo dopo il diradamento delle nuvole alla fine di un temporale. Improvvisamente i malevoli diventano i giornalisti, che poco prima erano più o meno sacri e attendibili come i dodici comandamenti.

Ho visto la puntata del 14/10/2016 di Crozza nel paese delle meraviglie https://youtu.be/4Vyi8GCSaEc

A un certo punto dello spettacolo Crozza se la prende con i cronisti a proposito della notizia, sul suo presunto acquisto di una villa milionaria e afferma: «Ora io mi chiedo ma perché i giornali quando qualcuno mette una fesseria su un sito non controllano le fonti, dovrebbero credo. In inglese si chiama “fact checking” in Italia abbiamo invece: “Pubblico ogni puttanata così vendo più giornaling» e dopo poco dice: «...Cazzo mi sono comprato una villa a mia insaputa come Scajola…».

Alcuni giornalisti, secondo lui, sarebbero, poco professionali per il mancato “fact checking” a proposito del suo personalissimo problema, ma ci si chiede: il controllo della veridicità sul contesto delle notizie riguardanti i suoi obiettivi satirici, con le quali hanno campato (…direi proficuamente) per dieci anni lui e i suoi autori, lo hanno mai fatto, o no? Se se ne fosse preoccupato, la sua produzione comica molto probabilmente si sarebbe ridotta forse a meno della metà in considerazione della qualità delle notizie per lo meno discutibili fatte girare vorticosamente nel web, inutilizzabili vista la scarsa, se non nulla, credibilità. Come farebbero le major della carta stampata a star dietro alla competizione con le notizie in rete se non usassero gli stessi strumenti utilizzati dal giornalismo su internet?

Ma Crozza ha preferito non porsi il problema fino e essere lui stesso il problema. Si può allegramente prendere per il culo Scajola per aver affermato di essersi comprato una casa a sua insaputa e rendere felici milioni di persone facendole ridere e indignandole al tempo stesso, senza sentire alcuna necessità di verificare se quella notizia riportata su tutti i giornali all’epoca fosse vera, vicina alla verità, da contestualizzare o addirittura falsa. Magari Crozza ci ha fatto un bel pò di sketch fino all’altro giorno salvo il fatto, (quello invece molto reale), che un tribunale non solo ha assolto Scajola in merito all’accusa di finanziamento illecito ai partiti su quella vicenda perché il fatto non costituisce reato, ma nelle motivazioni della sentenza il giudice ha affermato in sintesi che sarebbe del tutto plausibile che l’imputato abbia acquistato la casa romana di via del Fagutale senza sapere che Anemone avesse pagato parte del prezzo.

In un mondo normale, una persona che è stata bersagliata per una frase che nessuno ha mai dimostrato essere stata pronunciata in quei termini e che addirittura viene scagionata completamente da un’accusa infamante, con motivazioni chiarificatrici, meriterebbe almeno delle scuse, ma così non è stato. Anzi, ciononostante Crozza ha ulteriormente infierito su una bufala che evidentemente a suo avviso era meno bufala di quella sulla sua presunta villa holliwoodiana.

Tutto come ai tempi dei “Broncoviz” e di Carmelo il muratore: «È secco!», «No è liquido!»,«È secco!», «No è liquido! Pino, tuo figlio si droga!»

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.