«No,» disse il sacerdote, «ma temo che finirà male. Sei ritenuto colpevole. Forse il tuo processo non andrà neppure oltre un tribunale di grado inferiore. Almeno per il momento, la tua colpevolezza si dà per dimostrata.» «Ma io non sono colpevole,» disse K., «è un errore. E poi, in generale, come può un uomo essere colpevole? E qui siamo pure tutti uomini, gli uni quanto gli altri.» «È giusto» disse il sacerdote, «ma è proprio così che parlano i colpevoli.»
Così Primo Levi tradusse Kafka nel 1983 per la Einaudi ne Il processo. Nel ‘83 Silvio Berlusconi faceva l’immobiliarista come tanti altri e, proprio come molti di essi all’epoca, per la natura di quel lavoro, sarà stato un tipo spregiudicato. Poi entrò in politica, quella che conta, e da qui in poi sappiamo come è andata. Oggi per coloro, tantissimi, che hanno creduto nelle ragioni della sentenza di condanna contro quell’uomo, è, o dovrebbe essere, un giorno di riflessione. Non importa come ci si schieri politicamente, ma davanti alle dichiarazioni audio registrate di uno di quei giudici che hanno emesso la sentenza contro di lui la riflessione dovrebbe essere almeno consigliata, se non obbligatoria per tutti. Là, in quelle aule di giustizia, per un motivo o per un altro, ci finiscono in tanti, anche molti che un tempo si scagliavano contro le sue parole che denunciavano un uso strumentale dei processi e non solo dei suoi. Ricordo quei girotondi di indignati che, come bambini ingenui e giocondi, saltellavano nelle piazze italiane. Poi qualcuno, per qualunque motivo, si è ritrovato ad avere a che fare con la giustizia. Per chiunque che non si troverà mai in quelle condizioni sarà sempre comodo indignarsi giudicando qualcun altro, magari ben aizzato da giornali e giornalisti, funzionali a quel sistema. Oggi su Berlusconi e Palamara è emerso tutto alla luce del sole: rapporti tra magistrati, stampa, politici, imprenditori. Non un “mondo di mezzo” ma un “mondo di sopra”. Sopra chiunque, Istituzioni e cittadini comuni. Sopra chi segue le regole, ma non può mai sentirsi tranquillo solo per quel motivo. Non basta osservare leggi e norme di convivenza: si vive e si agisce sempre nel terrore sacro di essere coinvolti in qualche bega giudiziaria. Della giustizia si ha paura, non fiducia. Se si incappa in prossimità di quel “mondo”, anche e soprattutto incidentalmente, si può pacificamente essere considerati come serial killer. Proprio come disse K.: «come può un uomo essere colpevole? E qui siamo pure tutti uomini, gli uni quanto gli altri.» «È giusto» disse il sacerdote, «ma è proprio così che parlano i colpevoli.» Solo che, se non ti chiami Berlusconi, e ti becchi incidentalmente qualche condanna, non lo saprà mai nessuno…